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08 marzo 2023

il mio canto libero (e immortale)


Abbiamo appena ricordato da qualche giorno (come ogni anno)
i "2 Luci" e oggi mi piace rispolverare questo "vecchio" album immortale
immortale come ogni opera di chiunque metta cuore e anima 
in qualsiasi forma d'arte 
cosa sempre più rara soprattutto oggi....

Sembra che in quei giorni del '43
l'angelo della Musica era in tour...
il 4 marzo a Bologna e il 5 a Poggio Bustone.

Alcuni anni fa da questo blog mi dilettavo a recensioni
sui possibili "dischi di sempre" (importanti, storici, BELLI insomma)
e questo era OVVIAMENTE tra i BestAlbumsEver
ma è davvero impossibile sceglierne solo uno.

Anche per l'altro Lucio è così e alla fine 
scelgo/consiglio "Come è profondo il mare"
per il coraggioso cambio di rotta senza  Roversi
e il nuovo inizio tutto da inventare, una autentica rinascita artistica.
 
Di Battisti ho scelto "Il mio canto libero"
perché anche questo segnò una svolta e una maturazione.
A dispetto della consolidata scia di successi già sfornati come caramelle
qui Lucio ha voluto tracciare una linea netta
e mandare un segnale forte e chiaro:

1-non faccio canzonette
2-sono un musicista vero
3-"amore/cuore" chiedete ad altri

BOOOMM!

Era l'anno di "Ziggy Stardust" di Bowie
in pieno orgasmo pop-psichedelico
nuove alchimie (artistiche...) cominciavano a "contaminare"
ogni musicista degno di questo nome
soprattutto se attento e sensibile come Lucio.
La nuova era post-Beatles
galoppava già da tempo verso il "progressive"
e poi questo era già il suo settimo album.
Insomma gli ingredienti c'erano tutti
anche numerologici, per dare senso alla svolta.

Fu un lavoro di squadra (e che squadra)
sviluppando in studio sia le idee già tracciate
sia l'improvvisazione e l'invenzione geniale del momento
completamente aperti alla creatività e alla pura ispirazione,
Il risultato fu premiato da un consenso di vendite eccezionale 
con 450.000 copie già alla prima distribuzione
rimase in classifica per più di due mesi
riuscendo a scavalcare niente meno che
"The dark side of the moon" dei Pink Floyd.

Lucio è già un Artista, solido e affermato
e a parte qualche svolazzo tra PFM e Formula 3
la coppia inossidabile Mogol-Battisti era davvero micidiale.

Lucio abile ed eclettico musicista
che inventava strofe e giri armonici "dal nulla"
e Giulio, sarto perfetto che gli cuciva addosso
la magia creativa dei suoi pensieri.
Un poeta che poeta none era
e l "anomalo" raffinatissimo rocker/cantautore
che cantautore non era...
la strana e bellissima coppia
e intorno a loro
lo stuolo di musicisti ammirati e perfetti
che uno dopo l'altro uscivano da quella scatola magica
che era la "Numero Uno".

Si suonava e cantava in diretta e senza click..
col 50% della canzone già in testa
e l'altro cinquanta che nasceva dal vivo in studio.
Nella scuderia dei talenti c'erano anche
Alberto Radius, Tony Cicco, Gianni Dall'Aglio
Mario Lavezzi, solo per citare alcuni fra i più noti.
Alberto, anche lui "sparito" da pochi giorni
è stato (ed è) uno dei più grandi chitarristi rock italiani
per anni non ha avuto rivali e anche all'arrivo di altri nomi illustri
(Mussida) quel suono alla Jimi e quel "verso" 
poteva farlo solo lui, la sua firma inconfondile
sia nella Formula 3 sia con Lucio.

Anche Mario è un vero gigante di tecnica e sensibilità artistica
oltre che uno degli autori più pregiati e raffinati che abbiamo.
Un gigante di musicista autore e arrangiatore
che troppo spesso nasconde la sua classe dentro una "elegante normalità".
Lucio è riuscito a tirar fuori il suo talento e la sua fantasia
così con leggerezza, senza fatica, quasi giocando.
Mario...qui hai suonato quasi tutto, dalle chitarre ai ...timpani!
Ti saluto ancora (come sempre) con un'ammirazione sconfinata, lo sai
e al solo pensiero che "eri li" mi emoziona ancora adesso!


"Il mio canto libero" spiazzò tutti
coniugando la canzone di successo
con le sonorità pop delle band internazionali
un disco "nuovo" e speciale, anche nella copertina.
Il fotografo Cesare Montalbetti ricorda:

«Radunai una cinquantina di amici.
Feci sdraiare tutti a terra e chiesi loro di alzare le braccia.
La cosa più divertente avvenne per lo scatto della parte interna della copertina.
Faceva freddo, ma pregai tutti di rimanere scalzi
alcuni, i più bassi, si tolsero i pantaloni restando in mutande.
Peccato non aver fatto una foto a figura intera, sarebbe risultata esilarante.
Il vero progetto non fu mai concretizzato
perché l'idea si sarebbe dovuta completare
stampando le due immagini su carta trasparente
così che, estraendo il disco, le mani avrebbero toccato i piedi.»
(Cesare Montalbetti, 2007).

Il concetto di "canzone italiana" di quegli anni
non esisteva più e non solo di QUEGLI anni
anche oggi superati i 50 
ha un suono ancora fresco e vitale.
Ascoltando adesso "La luce dell'est"
"Io vorrei non vorrei ma se vuoi"
o "Il mio canto libero" "L'aquila"
"Vento nel vento" e "Confusione"
è piacevole e spiazzante avvertire
quest'aura di sconvolgente eternità
pur avendole cantate e suonate miliardi di volte.
Forse tra quelle musicalmente meno interessanti
(secondo me) citerei "Luci Ah"
e "Gente per bene e gente per male"
perché più che canzoni sono dei quadretti
dei racconti pseudo-sociali anche divertenti
ma senza un vero peso musicalmente rilevante.
Nel complesso però, è forse il disco più importante
della sua crescita artistica
quello che spalancò le acque fino ai nostri giorni.
Certo che pensare ai parrucconi di allora
agli pseudo discografici del tempo:

"ammazza aoh! ma qquesto 'ndo vole annà co'sta voce stranita"...

La risposta non tardò e presto molti si andarono a nascondere
rimangiandosi ogni pregiudizio ...salendo sul carro del vincitore
(l'avevo detto io che era un fenomeno....se vedeva....)

Siamo arrivati al 2023 e ancora lo "scoprono".
E' bello e commovente vedere che anche le nuove generazioni
nella loro nevrotica bulimia da playlist
sfoggiano qualche diamante prezioso dei suoi album
ma com'è possibile?
Perché la sua musica e la sua energia
hanno generato il dopo e il sempre
Ancora tu Lucio, sempre Tu




Il mio canto libero
Pubblicazione novembre 1972
Durata 37:54
Tracce 8
Etichetta Numero Uno
Produttore Lucio Battisti
Registrazione Fonorama, Milano, 1972

Tutti i brani sono di Mogol-Battisti


Lato A

La luce dell'est – 6:18
Luci-ah – 4:47
L'aquila – 4:24
Vento nel vento – 3:24

Lato B

Confusione – 4:30
Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi – 4:35
Gente per bene e gente per male – 4:46
Il mio canto libero – 5:06

Singoli
Il mio canto libero/Confusione


Formazione

Lucio Battisti – voce, chitarra, pianoforte, mandolino, lap steel guitar, chitarra hawaiana, güiro
Gianni Dall'Aglio – batteria
Tony Cicco – batteria in Vento nel vento
Guido Guglielminetti – basso
Bruno Longhi – basso in Gente per bene e gente per male
Angel Salvador (bassista spagnolo del gruppo I Ribelli,
accreditato in copertina come Angelo) basso in La luce dell'est
Massimo Luca – chitarra
Mario Lavezzi – chitarra, timpani
Gian Piero Reverberi – tamburello, pianoforte, organo Hammond,
sintetizzatore in Gente per bene e gente per male
Alberto Radius – chitarra elettrica in Confusione
Reginaldo Ettore – campane sarde
Gabriele Lorenzi – organo Hammond, sintetizzatore in Vento nel vento
Vince Tempera (non accreditato) pianoforte in Luci - ah
Pier Luigi Mucciolo – tromba, trombone

Arrangiamenti: Lucio Battisti, Gian Piero Reverberi
Direzione d'orchestra: Gian Piero Reverberi



04 marzo 2019

Come è profondo Lucio - Best Albums Ever (4)


Esiste il tempo?
Meglio dire di no..
appena 42 anni fa
usciva questo "primo album" di Lucio
dopo quasi due decenni
fatti di teatrini, sagre, jazz...
insulti, pomodori e ortaggi vari
che puntualmente coronavano le sue apparizioni.

Primo disco tutto suo
dopo i vari parolieri del passato
(Bardotti, Baldazzi, Pallottino, Roversi)
diventa finalmente "cantautore"
rompendo lo storico sodalizio
col poeta bolognese Roberto Roversi
autore dei tre album precedenti.
Primo album da autore
e (finalmente) primo album di successo.


Concepito nel suo rifugio delle Tremiti
dentro la sua Cala Matana
nella primavera-estate 77
e pubblicato nell'immediato autunno (21 novembre)
stupì tutti arrivando subito al cuore
come una ventata di nuova energia
e l'immagine del "cantante strano" e "anomalo"
svanì di colpo per lasciare il posto all'Artista
che finalmente maturo, trova se stesso
stupendo anche colleghi e musicisti
che non avrebbero mai creduto
potesse riuscire a farcela da solo.

Concepito non è un termine esagerato
perché questo disco per lui
fu una prova fondamentale
come la nascita di un figlio
e la rinascita del nuovo Lucio.
Negli anni in ogni intervista
e con tutti i suoi amici bolognesi
ha sempre scelto questo album
come quello più importante di tutti.

Otto brani e otto storie diverse
sia surreali e immaginate
che vissute realmente.
Lucio era un registratore umano
e riusciva a captare ogni dettaglio
che poteva uscire da qualsiasi contesto
o persona arricchendolo di fantasia
e suggestioni visionarie
bizzarre e caotiche
come l'ansiogeno e surreale teatrino
di "Corso Buenos Aires"
che a pensarci bene
se conoscete Milano
tanto surreale non è

"Ragioniere, dia a me la borsa
e vada via di corsa in fondo a quella via
a chiamar la polizia!
Non dobbiamo perder tempo!
C'è un bar qui vicino
si può telefonare
ci beviamo anche un grappino"…

o l'onanismo compulsivo
della ironica "Disperato erotico stomp"

"Quindi, normalmente,
sono uscito dopo una settimana
non era tanto freddo, e normalmente
ho incontrato una puttana.
A parte i capelli, il vestito
la pelliccia e lo stivale
aveva dei problemi anche seri
(che sostituisce la censurata "non avrò preso lo scolo")...
e non ragionava male.....
Ho fatto le mie scale tre alla volta,
mi son steso sul divano,
ho chiuso un poco gli occhi,
e con dolcezza è partita la mia mano"

Bizzarrie e profondità immense
proprio come lui.
Già da quel fischio di "Come è profondo il mare"
si sente il mare della vita
il mare inteso come
pensiero, libertà, umanità
sensibilità, intelligenza, insomma l'uomo stesso
alle prese ogni giorno col suo
eterno dilemma esistenziale
col potere e strapotere del mondo
della sua violenza e assurdità

"Certo
Chi comanda
Non è disposto a fare distinzioni poetiche
Il pensiero come l'oceano
Non lo puoi bloccare
Non lo puoi recintare
Così stanno bruciando il mare
Così stanno uccidendo il mare
Così stanno umiliando il mare
Così stanno piegando il mare"

Lucio è sempre stato un po' "politico"
ma nel senso più ampio del termine
non certo di militanza servile
e qui diventa ancora più intenso
elegante, sobrio, concreto
senza schiamazzi né stranezze
ma anzi, con una grandissima attenzione
agli arrangiamenti e la cura artigianale
di suoni e dettagli mai sentiti prima
nell'era più sperimentale e barocca.

Fu realizzato "in diretta"
come si usava allora
e come facevano tutti i grandi (come Battisti)
con lui che suonava guidando coristi e musicisti
(tra cui gli Stadio, Luciano Ciccaglioni, Jimmy Villotti)
per aggiungere o tagliare
in un lavoro di assoluta cesellatura artigianale
e SENZA CLIC !
Da cui oggi quasi nessuno si azzarda a "uscire"...
e si scopre anche un nuovo Lucio
più intimo e attento
come nella dolce rabbia
della solitudine paranoica
de "Il cucciolo Alfredo"

"La musica andina, che noia mortale,
sono più di tre anni che si ripete sempre uguale,
mentre il cucciolo Alfredo canta in modo diverso
la canzone senza note di uno che si e` perso"....

o la solitudine malinconica di "E non andar più via"
e quella struggente di "Quale allegria"
ispirato alla scomparsa di sua madre.

"Quale allegria
Se ti ho cercato per una vita senza trovarti
Senza nemmeno avere la soddisfazione di averti
Per vederti andare via
Quale allegria
Se non riesco neanche più a immaginarti
Senza sapere se strisciare se volare
Insomma, non so più dove cercarti"

Finalmente un punto di equilibrio
tra il saltimbanco che conoscevamo
e l'uomo più solitario e sensibile.
Ron afferma che "Lucio in quel momento
era magico, in vero stato di Grazia!
E tutta la sua energia riusciva
a illuminare chiunque gli fosse intorno".

Si è vero e si sente ancora oggi
è un suono diverso "presente" e vivo.
Questo disco fu la rampa di lancio
per tutti i lavori successivi
da qui in poi
solo successi.
E un anno e mezzo dopo
il successo fu ancora più grande
con l'album "Lucio Dalla"
quello che conteneva "L'anno che verrà"
"Anna e Marco" e molte altre
e che arrivò fino a un milione di copie vendute.

Come spesso accade
il gran successo può dar fastidio a qualcuno
o almeno suscitare (legittime) curiosità
così nell'estate 79
anche il settimanale "L'Espresso"
prese la briga di occuparsi di lui
scrivendo... "Ma che ci trovano in quel Dalla?"
Alla fine era solo una chiacchierata
botta e riposta a viso aperto
col celeberrimo Giorgio Bocca.
Certo, sarebbe bastato
capire di musica o almeno
avere un po' di orecchio
e quel titolo con quella domanda cretina
non sarebbe mai uscito
ma da uno che si occupava di
falci martelli e garofani
cosa ti potevi aspettare?...

Ok.... continuate l'ascolto
e non pensateci!
E poi continuate anche la lettura
ma stavolta con un libro
pubblicato da Rizzoli nel 2007
"Come è profondo il mare"
Biografia del capolavoro di Lucio Dalla
di Maria Laura Giulietti

Ciao bellini alla prossima
(e sarà ancora un altro Lucio....)








Pubblicazione 1977
Durata 36:04
Tracce 8
Etichetta RCA Italiana PL 31321
Produttore Alessandro Colombini e Renzo Cremonini
Registrazione studi RCA (Roma, Italia), Stone castle studios (Carimate, Italia)
tecnico del suono Maurizio Montanesi e negli Stone Castle Studios di Carimate Ezio De Rosa).

 Lato A

Come è profondo il mare - 5:24
Treno a vela - 3:27
Il cucciolo Alfredo - 5:22
Corso Buenos Aires - 4:38



Lato B

Disperato erotico stomp - 5:52
Quale allegria - 4:30
...E non andar più via - 3:25
Barcarola - 3:50



Formazione
Lucio Dalla – voce, fiati, tastiera, sintetizzatore
Luciano Ciccaglioni – chitarra
Alessandro Centofanti – tastiera, sintetizzatore
Ron - Rosalino Cellamare – chitarra, tastiera, sintetizzatore
Fabio Liberatori – tastiera, sintetizzatore
Marco Nanni – basso
Giovanni Pezzoli – batteria
Jimmy Villotti – chitarra
Paolo Donnarumma – basso (in Come è profondo il mare)
Flaviano Cuffari – batteria (in Come è profondo il mare)
Claudio Bazzari – chitarra (in Come è profondo il mare)
Gianni Oddi – fiati
Gaetano Zoccanali – fiati
Baba Yaga – cori

21 gennaio 2019

Best Albums Ever (3)

Il terzo disco di 'Best Albums Ever'
è firmato Weather Report
e vuole essere anche un omaggio
sia al fondatore del gruppo Joe Zawinul
(1932-2007)
uno dei tastieristi più eclettici e innovatori del mondo
sia a Jaco Pastorius (1951-1987)
il più grande bassista mai apparso sulla terra.

Come sempre il consiglio che vi do
è quello di leggere
col suono del disco in sottofondo
magari in vinile ma capisco ...
non è sempre possibile (né comodo)
quindi va benissimo anche da uno qualsiasi
degli ordigni disponibili on line
(Spotify ecc....) buona lettura e buon ascolto.


Questa volta usciamo dal Rock e dal Soul.
nella terza puntata dei Best Albums Ever
rispolveriamo insieme un album 'colto'...
dagli scaffali dei ricordi
ho ritrovato questo 'Heavy Weather'
ottavo album dei Weather Report.

Sopra la città lo squarcio fulminante di nuova luce
nuovi colori nuovo vento che scuote l'orizzonte del jazz
un jazz che va oltre il solito cielo
lo chiamarono fusion, jazz-rock, jazz neo-prog
ma alla fine fu semplicemente
un nuovo codice con cui confrontarsi
e non a caso esce nel 77
un periodo denso di rivoluzioni
dalla comunicazione alla musica
dalla politica al sociale
nella splendida copertina di Heavy Weather
si legge il nuovo meteo
il clima è cambiato
state pronti...
e poi dentro tutto il resto
anzi, il "tutto".

A cominciare da Jaco Pastorius al basso
che diventa stabile dopo le sporadiche
apparizioni (2) nel lavoro precedente
con Joe Zawinul alle tastiere
Wayne Shorter al sax
Alex Acuna alla batteria
e Manolo Badrena alle percussioni
i Weather Report approdano a nuove sonorità
maturate già nel precedente 'Black Market'
realizzando il capolavoro della loro carriera.

Atmosfere nuove e mai sentite
dallo swing fino al rock, alla musica etnica
Un'opera di sintesi estetica eccezionale
la band più innovativa e sconvolgente di quegli anni
senza più barriere stilistiche spaziando oltre i propri confini
e squarciando quel cielo fino ad allora
sempre grigio e uguale a se stesso.

Orecchiabilità colore e divertimento
sono questi i primi tre aggettivi
che mi vengono in mente
riascoltandolo insieme a 'Black Market'
(l'album precedente)
dopo anni di alambicchi
e sperimentazioni
i Weather diventano finalmente
godibili e accessibili.
Sarà l'album della definitiva consacrazione
(anche commerciale).
Fu l'album più venduto della storia del Jazz
(500.000 copie).
38 minuti di pura energia
da consumare sotto la puntina
e da conservare gelosamente
per le attuali e prossime generazioni.


Molto è dipeso anche dall'arrivo di Jaco Pastorius col suo 'basso vivente'
e le sue invenzioni.
Se nei primi album ti alienavi
nel decifrare faticosissime elaborazioni
qui si trovano finalmente leggerezza e musicalità
piacevolmente accessibili e inaspettate.


L'album inizia con una traccia notevole e famosa
"Birdland"
resa popolare anche dalla versione dei Manhattan Transfer del 79.
E' dedicato al jazz degli anni cinquanta
(Zawinul ricorda in un'intervista
di essersi ispirato alle atmosfere
della big band di Count Basie).
Pura leggerezza, allegra e spensierata.
Essendo un pianista/tastierista/strimpellatore
è anche una delle mie preferite
e suonarla e stravolgerla
in ogni modo possibile
è sempre divertente anche oggi.
Qui Joe coi suoi 'svolazzi'
segna un percorso nuovo per tutti i tastieristi
tonale e atonale si fondono e rimani attonito...
il suo sarà il nuovo standard di riferimento.
Se mi chiedessero di definire un' esempio di "buona musica"
direi questa, senza dubbio.

Il secondo pezzo
è un'altra "canzone" stupenda
(strano usare il termine canzone per i Weather Report)
'A Remark You Made'
molto più dolce e profonda.
Un vero acquerello fra impressionismo e surrealismo.
Pare che Zawinul la scrisse per il solo fretless di Pastorius
ma Jaco e Wayne inventano un duo sax/basso
ai limiti del metafisico.
Il sax ha una bellezza e un fascino paragonabile
ad 'Us e Them dei Pink Floyd'
Jaco riempie e accompagna
con una delicatezza piena di sentimento.

La terza traccia è
'Teen Town'
scritta da Jaco
un posto, un locale della Florida
dove il giovane Pastorius
viveva le sue estati.
Una traccia che la maggior parte dei bassisti conoscerà
essendo diventato uno standard
una palestra su cui allenarsi
e confrontarsi (inutilmente)
col suo tono imperativo e inafferrabile
le dita si muovono così velocemente
che nessuno le indovina.
una guerra persa in partenza.
E' un brano talentuoso ma la sua brevità
non da modo di approdi possibili
tecnica pura, punto.

La traccia 4
'Harlequin'
è composta da Wayne Shorter
si presenta con un bel pianoforte
che domina la scena
col sax di Wayne fino alle ultime note.
Qui Jaco è meno tecnico e virtuoso.
Dissonanze rumori e respiri
e gli angoli prospettici si moltiplicano
con Pastorius che aleggia incessantemente.
Uno degli episodi più importanti del disco
dove la maturità di Shorter si impossessa della scena

La numero 5 è
'Rumba Mama'
una strana traccia.
di Manolo Badrena
composta per sole percussioni e voce (live)
si inizia con Manolo che urla in spagnolo.
Circa un minuto dopo
bonghi e congas entrano e si impongono.
E' il classico riempitivo
un intermezzo etnico/tribale
non c'è nient'altro che la possa descrivere.

La numero 6
'Palladium'
composta da Shorter
un Funk allegro e pieno di groove
scandito in sedicesimi da Pastorius.
Qui le tastiere sono limitate
lasciando che Badrena e Jaco facciano
il lavoro davanti al sax alto di Wayne.
Probabilmente la più completa e importante dall'album,
musicalità superba e talento sopraffino
e tutto viaggia perfettamente all'unisono.
fino all'approdo finale in un esotico crescendo.

Nella 7
'The 'Juggler'
si sente lo stile più fusion della band.
L'anello di congiunzione
l'elemento di continuità
tra questo album e il precedente 'Black Market' (76).
Qui si avvertono le allarmanti "previsioni meteo"
di un probabile futuro meno felice e più sofferto.
Si medita fra terreno e cosmico con richiami Africani
fino ai temi pseudo-orientali del finale
dentro un vortice di melodie dolci e frastagliate.

Finiamo con
'Havona'
la composizione finale è scritta da Jaco
ed è interamente guidata da bassi e synth.
Pastorius si scatena nella sua performance
e il suo strumento diventa una piccola orchestra
con le sue dita che volano fino allo sfinimento fisico.
Il synth ci fa decollare e ci trasporta
in orizzonti dolci e contagiosi
fino alla foce del ritmo.
Wayne mostra tutte le doti del suo soprano.
Il basso di Jaco e le dita di Zawinul
ci fanno sobbalzare e riflettere
su quanta bravura e talento ci siano qui dentro.
Pastorius giganteggia in due assoli stupendi
complessi, pericolosi, innovativi, diabolici, sontuosi.

"I've never seen another bass player have such stamina.
He could play those 16th-note lines at super-fast tempos,
over and over and never slow down or stutter"
(Joe Zawinul).


Nulla sarà più come prima.
La critica li acclamerà
la rivista "Down Beat"
li celebrerà come vincitori
delle rispettive categorie strumentali Jazz.
Da quel 1977 e da questa nuova
"perturbazione meteo"
il clima musicale sarebbe cambiato
per sempre.


Tracce

Birdland (Zawinul) - 5:57
A Remark You Made (Zawinul) - 6:51
Teen Town (Pastorius) - 2:51
Harlequin (Shorter) - 3:59
Rumba Mama (Acuña/Badrena) - 2:11
Palladium (Shorter) - 4:46
The Juggler (Zawinul) - 5:03
Havona (Pastorius) - 6:01

Formazione

Joe Zawinul - sintetizzatore, basso, chitarra, pianoforte, piano elettrico, batteria, tastiera, voce
Jaco Pastorius - basso, mandolino, batteria, voce
Alejandro "Alex" Acuña - percussioni, conga, batteria
Wayne Shorter - sassofono
Manolo Badrena - percussioni, conga, timbales, voce


Pubblicazione 1977
Durata 37:39
Etichetta CBS Records
Produttore Joe Zawinul, Jaco Pastorius, Weather Report
Registrazione Dal 1976 al 1977 nei Devonshire Sound Studios di Hollywood, California


08 dicembre 2018

BEST ALBUMS EVER (2)

Eccoci al secondo disco di questa raccolta
appena iniziata qualche settimana fa.
Come sempre il consiglio che vi do
è quello di leggere col suono del disco
magari in vinile ma capisco ...
non è sempre possibile (né comodo)
quindi va benissimo anche da uno qualsiasi
degli ordigni disponibili on line
(Spotify ecc....) buona lettura e buon ascolto.

La seconda puntata dei Best Albums Ever
riguarda un altro disco meraviglioso
'Songs In the Key of Life'
di quella autentica meraviglia
qual è Stevie Wonder.



La Motown lo pubblicò nel 1976
(anno domini anche per noi di tutte le radio)
e non ci mise molto ad arrivare in cima alle hit-parade

(l'8 ottobre sarà già in classifica come NewEntry al numero 1 !) 


sulla 'Billboard 200' rimase in testa per ben 14 settimane
ma Stevie spopolava un po' ovunque non solo in USA.
Era ai primi posti anche in Olanda, Regno Unito
Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia.
Oggi sembra normale ma all'epoca
'girare' il mondo non era veloce come adesso con la rete...
il disco viaggiava fisicamente da un posto all'altro
e dovevi aspettare settimane o mesi
per leggere report cartacei recensioni e classifiche.

E' un album di quelli 'pesanti'...in senso buono
quasi tutte le tracce potrebbero essere delle odierne hit
è suonato e arrangiato magistralmente
ha una grafica stupenda
ed è doppio + bonus EP.
E' un lavorone ambizioso e bellissimo
che arriva dopo altri bei dischi
di un artista già affermato da tempo
e ormai vera e appagata superstar
tanto appagata che stava meditando di lasciare
per rifugiarsi in Ghana!

Si era fanaticamente avvitato nella visione politica
di oppositore di governo
(cosa che capita spesso tra gli artisti)
volendo testimoniare il suo dissenso
in maniera radicale e concreta.
Meno male che ci ripensò
e fu proprio mamma Motown
a convincerlo il 5 agosto 1975
con un bel contrattino di quelli irrinunciabili..


Berry Gordy, Johanan Vigoda, Stevie Wonder, Barney Ales


7 anni, 7 LP, 37 milioni di dollari
e controllo artistico totale.
Per quegli anni (ma ancora oggi)
era davvero una proposta irrinunciabile
uno dei contratti più ambiziosi e costosi
mai raggiunti da un artista.
Beh diciamo che il Ghana poteva anche aspettare...
Wonder lasciò perdere la politica e si prese
il cosiddetto anno sabbatico per riflettere e lavorare
Non mancava molto al 76 e i contratti vanno onorati!

E' inutile dire che nel frattempo alla Motown
avendo investito così tanto in lui
non piaceva certo ingannare l'attesa mangiandosi le unghie
era pienamente legittimata a bombardare il mondo
di interviste news, fake news, veline, gossip
paginate di articoli, special tv, playlist radiofoniche
tutto quel che poteva essere utile
a caricare di tensione i fans di tutto il mondo
doveva essere fatto
e lo fece, altro che!




Funzionò alla perfezione
eravamo tutti impazziti e impazienti
e il disco dopo diversi annunci civetta
finalmente uscì il 28 settembre 1976.
Già a "scatola chiusa" sapevi che era bellissimo
bastava solo toccarlo o anche solo vederlo in vetrina
era il totem da portarsi a casa e venerare
doppio vinile + EP supplementare + libretto di 24 pagine.



Ecco, poi passata la magia del vinile
e la sbornia feticista del possesso
andava "suonato" in religioso silenzio
sfogliando testi immagini e quant'altro
e li ti accorgevi subito
che oltre all'oggetto c'era anche un'anima.
Non dovevi far nulla
solo ascoltare i suoni e la voce
in attesa che la tua schiena parlasse
col codice dei brividi
e parlava... altro che se parlava!

Stevie è un grande certo
ma non solo nella mera esecuzione
mette mani anima cuore e cervello
su ogni piccolo dettaglio
soprattutto dopo quella benedetta firma
la sua iperattività toccò livelli cosmici
avvalendosi del meglio del meglio del meglio.
Quasi tutte le registrazioni
vennero fatte ai Crystal Sounds Studios di Hollywood
con Gary Olazabal e John Fischbach (ingegneri del suono).
Altre tracce invece
furono realizzate al Record Plant di Hollywood e di Sausalito.
Quando i Crystal erano impegnati
si spostò per sei settimane
all'Hit Factory di New York.
Quel contratto lo ossessionava
e la pressione lo teneva schiacciato a terra
come un'ala deportante
il suo maniacale perfezionismo aumentava.
Trascorreva giorni e notti in studio
non mangiava e non dormiva per lunghi periodi
neanche quando tutti gli altri se ne andavano.



E' un'opera ambiziosa e mastodontica
130 persone lavorarono all'album
tra cui anche vere leggende del Soul e del Jazz
come Herbie Hancock in "As"
George Benson in "Another Star"
Minnie Riperton & Deniece Williams in "Ordinary Pain"
e Mike Sembello che suonò la chitarra in molte tracce
scrivendo anche "Saturn" a quattro mani con Wonder.


Dopo i primi giorni di rotazione
nelle play di tutto il mondo
schizzò immediatamente
nelle classifiche
e sulla Billboard Pop Albums Chart
fu subito new-entry al primo posto!
Divenne l'album con più settimane al numero 1
fino al 15 gennaio 1977, quando cedette il posto
a Hotel California degli Eagles.

Songs in the Key of Life
fu anche il disco con più singoli di successo
mai pubblicati da Wonder.
Dall'album furono estratti i singoli
"I Wish"
"Sir Duke"
"Another Star"
"As"
e anche se mai uscita come singolo
"Isn't She Lovely"
fu uno dei brani più famosi di Wonder
insieme a "Pastime Paradise"
e "Village Ghetto Land".



Nel 2005 la Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti
lo inserì nel 'National Recording Registry'
con la definizione di
"culturalmente, storicamente
ed esteticamente significativo"
Nel 1977 venne certificato disco di diamante dalla RIAA,
avendo superato le 10 milioni di copie solo in USA
ricevendo ben sette nomination
ai Grammy Awards, compreso il prestigioso
Album of the Year
già vinto in passato con 'Fulfillingness' First Finale'.
Anche se Stevie non si presentò ai Grammy
(era in vacanza in Africa)
presenziò via satellite ricevendo "a distanza"
quattro dei sette premi:
'Album of the Year'
'Best Male Pop Vocal Performance'
'Best Male R&B Vocal Performance'
e 'Producer of the Year'.

Elton John disse: "secondo me 'Songs in the Key of Life'
è il miglior album mai pubblicato"
Michael Jackson: "Songs in the Key of Life
è il più grande album di Stevie ed è il mio preferito"
Prince: "il miglior disco mai registrato"
George Michael: "il mio preferito di sempre"
Nel corso degli anni molti artisti pubblicarono
almeno una cover dei loro brani preferiti.
Mary J. Blige 'As'
George Michael 'Love's in Need of Love Today'
ed eseguì 'Village Ghetto Land'
al Nelson Mandela 70th Birthday Tribute del 1988
e anche 'Pastime Paradise' e 'Knocks Me Off My Feet'
durante il tour Cover to Cover Tour nel 1991.


Lo stesso Wonder disse nel '95
"è il disco che mi ha più soddisfatto
è l'acme della mia creatività e purtroppo
non credo sia ripetibile un'esperienza del genere
certe 'energie' arrivano una volta sola"

SPOTIFY - Best Albums Ever (2)
SPOTIFY - Best Albums Ever (2)

Lato 1

Love's in Need of Love Today (Wonder) – 7:06
Have a Talk with God (Calvin Hardaway, Wonder) – 2:42
Village Ghetto Land (Gary Byrd, Wonder) – 3:25
Contusion (Wonder) – 3:46
Sir Duke (Wonder) – 3:52


Lato 2

I Wish (Wonder) – 4:12
Knocks Me Off My Feet (Wonder) – 3:36
Pastime Paradise (Wonder) – 3:27
Summer Soft (Wonder) – 4:14
Ordinary Pain (Wonder) – 6:16


Lato 3

Isn't She Lovely? (Wonder) – 6:34
Joy Inside My Tears (Wonder) – 6:31
Black Man (Byrd/Wonder) – 8:27


Lato 4

Ngiculela - Es Una Historia - I Am Singing (Wonder) – 3:48
If It's Magic (Wonder) – 3:12
As (Wonder) – 7:08
Another Star (Wonder) – 8:08
A Something's Extra



EP - A Something's Extra


Lato 1

Saturn (Michael Sembello, Wonder) – 4:54

Lato 2

All Day Sucker (Wonder) – 5:06
Easy Goin' Evening (My Mama's Call) (Wonder) – 3:55


Stevie Wonder - voce, tastiere, batteria, percussioni
Amale Matthews - percussioni
Greg Phillinganes - tastiera
Josette Valentino - percussioni
Michael Sembello - chitarra
Nathan Wands - batteria, percussioni
Shirley Brewer - percussioni, cori
Ben Bridges - chitarra elettrica
Nelson Hayes - percussioni
Greg Brown - batteria
Herbie Hancock - tastiera
Marietta Waters - percussioni
Dean Parks - chitarra
Nathan Alford Jr. - percussioni
Snuffy Walden - chitarra
Ronnie Foster - organo Hammond
Bobbye Hall - percussioni
Larry Latimer - percussioni
Sneaky Pete Kleinow - steel guitar
Charles Brewer - percussioni
Carmelo Garcia - timbales
John Fischbach - percussioni
Renee Hardaway - percussioni
Dorothy Ashby - arpa
Steve Madaio - tromba
Ray Maldonado - tromba
Glenn Ferris - trombone
Jim Horn - sax
Trevor Lawrence - sassofono tenore
Hank Reed - sassofono tenore, sax alto
Bobbi Humprey - flauto

Cori

Madelaine Jones, Linda McCrary 
Lynda Laurence, Minnie Riperton 
George Benson, Carolyn Dennis 
Josie James, Terry Hendricks 
Sundray Tucker, Syreeta Wright 
Charity McCrary, Deniece Williams


REGISTRAZIONI

Crystal Sounds Studios - Hollywood 
Record Plant - Hollywood e Sausalito 
'Hit Factory - New York. 


Pubblicazione 28 settembre 1976
Durata 95:29
Dischi 2 + EP
Tracce 17
Produttore Stevie Wonder
Etichetta Motown


( Credits: All Music, Acclaimed Music, Rolling Stone, Q Magazine )




22 novembre 2018

BEST ALBUMS EVER (1)

Inizia oggi un viaggio alla riscoperta o scoperta
(secondo la vostra età)
degli album più belli storici e importanti
di tutti i tempi, vini-li pregiati e immancabili
in una cantina che si rispetti.
Oggi è anche l'anniversario del 'White Album'
ma non sarà con questo che partiremo alla scoperta
dei BEST ALBUMS EVER
troppo banale e scontato
e poi dei Beatles ne parlo sempre
lo farò un'altra volta.

Premesso questo e che ne avrei in mente un centinaio
di cui forse riuscirò a postarne una ventina
scendiamo in cantina a scoprire i.. vinili.. gran riserva
solo quelli con peculiarità uniche e di pregio.
Li ho numerati solo per comodità e ordine di apparizione
perché se fosse una hit-parade
sarebbero tutti numeri uno
per suono, immagine, emozione.
Li stapperemo così...in ordine sparso
mai divisi per genere, italiani compresi (!)
ebbene si, pochi ma ottimi.

L'ideale sarebbe leggere il post in santa pace
e col suono del disco ben presente
ma se non lo avete frugate pure in Spotify
o le tante piattaforme accessibili
dal vostro ordigno tecnologico...non mi offendo.

pronti?


Cominciamo con DAVID BOWIE
"The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars"
il suo quinto album in studio del 1972.


Se il precedente 'Hunky Dory'
rimase immeritatamente nascosto dai radar
questo lo lanciò direttamente nello spazio,
fondamentale, non solo per le nostre cantine
ma per generazioni di artisti dagli anni 70 fino ad oggi,
tutti in qualche modo sconvolti e ansiosi di capire
se questo fenomeno alieno e androgino
provenisse proprio da Brixton
o chissà da quale galassia
restandone tutti inevitabilmente ammaliati e contagiati.
E' l'album della maturazione
dopo i mille tentativi e frustrazioni
coi look sperimentali, i trucchi pesanti e i travestimenti
le maschere sovrapposte alla sua eterna insicurezza, timidezza, fragilità
impensabilmente celata nella magia della sua voce.
Qui si va dal glam rock al proto-punk
e ci sono già tutti i minerali e gli aminoacidi
per generare la vita su mille altri pianeti
un capolavoro che sarà il vero precursore e ispiratore
dei successivi venti anni del rock!

L'anima camaleontica di Bowie
si è trasfigurata nell'alter ego del messaggero cosmico
in contatto con altre dimensioni
che riceve energia attraverso una radio
e che scambiando messaggi e rivelazioni spirituali
deve salvare il mondo sull'abisso dell'apocalisse.
(Nel 74 poi David rivelerà che Ziggy Stardust
non è l'uomo delle stelle ma il suo messaggero terreno,
contrariamente all'opinione secondo cui spesso
si è dipinto Ziggy come un extraterrestre).

«Viene avvertito in sogno da esseri chiamati “infiniti”
di scrivere della discesa sulla Terra di Starman:
un fantastico astronauta che dovrà salvare il pianeta»
racconta Bowie a William S. Borroughs.
«Lui inizia a crederci e a credersi davvero come il profeta
del futuro Starman.
Porta se stesso a incredibili vette spirituali
ed è tenuto in vita dai suoi discepoli.
Quando gli infiniti poi arrivano
prendono pezzi di Ziggy per farsi reali
visto che nel loro stato originario essi sono pura antimateria
e nel nostro mondo non potrebbero esistere.
Quindi lo fanno a pezzi sul palco
durante la canzone Rock’n’Roll Suicide».

Ammettiamolo
per quei tempi era abbastanza sconvolgente.
E pensare che voleva farne solo un concept
o al limite un musical teatrale.




Eppure
quando David spedì tutto alla RCA Records
l’etichetta rispose che in "quella roba" non c'era nulla
e che non trovava nessuna HIT decente...
In effetti  non avevano tutti i torti e lo sapeva anche lui
che "rimediò" subito scrivendo un capolavoro come 'Starman'
sostituito con la cover di 'Around and Around' di Chuck Berry
che sinceramente... non c'azzeccava nulla col tema del disco.
Ma come diavolo nasce questo Ziggy Stardust?

«L'idea era quella di ottenere un look
a metà tra l'immagine di Malcolm McDowell
con un occhio mascarato e un insetto.
Era l'epoca di Ragazzi selvaggi di William Burroughs
ed era un incrocio tra questo e Arancia meccanica
che cominciò a mettere insieme la forma e l'aspetto
di ciò che Ziggy e gli Spiders stavano per diventare.»
(David Bowie, 1993)



Si narra che il modello ispiratore di Ziggy Stardust
sia stato Vince Taylor, un rockettaro anglo-americano
che alla fine degli anni cinquanta
aveva pubblicato solo un paio di singoli fallimentari.
Nel 1961 la delusione e la paranoia di Vince
aumentano pesantemente
ed i suoi comportamenti diciamo... eccentrici
sono sempre di più corroborati
dalla massiccia presenza di alcol e droghe di ogni genere.
Le sue disavventure e "stili di vita"
finiscono per incuriosire e colpire David
che vuole incontrarlo a Londra nel '66:

«Andai ad alcune feste con lui
ed era davvero fuori di testa, completamente flippato.
Si portava appresso cartine dell'Europa
e ricordo distintamente che una volta
aprì una mappa a Charing Cross Road,
fuori dalla stazione della metropolitana,
la mise per terra e si inginocchiò
e con in mano una lente...
disse che stava evidenziando tutti i luoghi
dove gli UFO sarebbero atterrati nei mesi successivi.
Era fermamente convinto che ci fosse un fortissimo legame
tra lui, gli alieni e Gesù Cristo».

Taylor di li a poco peggiorò
e fu il mondo reale a diventare per lui
sempre più...alieno.
Le sue esibizioni erano un disastro
e sempre interrotte da incidenti sul palco
finché una notte, racconta Bowie,

«si presentò in scena vestito di bianco,
dicendo che tutta la sua faccenda con il rock
era stata una bugia, che in realtà lui era Gesù!
Fu la fine di Vince, della sua carriera e di tutto il resto.
ma questa storia divenne uno degli elementi essenziali di Ziggy
e della sua visione del mondo».


Vince Taylor

David con la sua mente incredibile piena di curiosità
e l'intelligenza elaborativa da computer
riusciva a captare ogni sfumatura
e come ogni artista che si rispetti
assorbiva, 'rubava' anche il respiro
di persone cose e situazioni,
Fra le persone che sicuramente gli 'arrivarono' subito
senz'altro Iggy Pop e Lou Reed
due colonne della sua futura crescita umana e artistica.



Fra le cose e luoghi da cui trasse ispirazione
una semplice insegna di una sartoria di Londra
chiamata proprio "Ziggy's"
appena vista di sfuggita dal finestrino di un treno
ma subito flashata nella mente...

«Quel posto aveva proprio un'aria da Iggy ma... era una sartoria
allora pensai "Beh, l'intera faccenda riguarderà anche i vestiti".
Così, quasi per scherzo decisi di chiamarlo Ziggy».

Stardust invece
proviene dallo sconosciuto cantante americano Norman Carl Odam,
ai tempi famoso come "Legendary Stardust Cowboy"
che pubblicò nel '68 il suo unico successo 'Paralysed'
tristemente famoso per un gigantesco flop televisivo
al Rowan & Martin's Laugh-In.

«Tutti risero di lui e se ne andò piangendo», ricordò Bowie nel '96,
«suonava la chitarra e aveva un trombettista con una gamba sola...
Assemblavano la musica a casaccio fregandosene delle regole.
E così andavano in direzioni che non verrebbero in mente
neanche a un musicista dilettante...
si, è proprio da lui che ho preso il nome Stardust».

Successivamente poi (nel 2002)
David volle sdebitarsi con Oldam
suonando un suo brano al Meltdown Festival.

«Beh quando ho letto sul suo sito che si lamentava di me
che avevo preso in prestito il suo nome senza mai un grazie
e che avrei dovuto cantare almeno una delle sue canzoni,
mi sentii in colpa e così riparai suonando una delle sue canzoni migliori».


Norman Carl Odam


Anche la copertina
è frutto di un lavoro ispiratissimo e ai limiti della magia.
Sembra un cartoon ma in realtà è una vera foto in bianco e nero
tratta da una serie di 17 scatti di Brian Ward
fatti a Londra nel gennaio '72 al numero 23 di Heddon Street
e successivamente ritoccate dal grafico Terry Pastor
a mano ovviamente...niente computer allora!





«David era decisivo e fondamentale
sapeva perfettamente quello che voleva
dal punto di vista musicale»
ricorda Ken Scott suo Co-produttore

«lui di accorgimenti tecnici non voleva mai saperne
fu un album quasi totalmente suonato "live on stage"
e rimasi letteralmente impressionato dalle session dal vivo
e dalle parti vocali registrate in "first takes".
Solo pochissimi artisti sono in grado di fare parti vocali
al primo take quasi ogni volta.
Lui era uno di quelli».



Ken Scott


Come ultima testimonianza
quella di Leee Black Childers
uno dei più grandi fotografi americani scomparso nel 2014
che nell' '86 disse :

«Ziggy Stardust era stato appena pubblicato in Inghilterra
e David se la stava cavando bene ma nessuno lo conosceva in America
così, con in mano una scatola di 25 copie dell'album
cominciammo a pensare a chi le avrebbe apprezzate.
Le portammo fino al Max di Kansas City
dandone una al proprietario Micky Ruskin,
una al DJ e una alla giornalista Lisa Robinson.
Le altre le abbiamo semplicemente distribuite ai pazzi
agli artisti e a quelli sempre sulla scena di New York».



Leee Black Childers


In coda a questa recensione 
voglio citare anche altre due bellissime canzoni
anche se non parte di questo album
fu proprio grazie a Ziggy che andarono in orbita
a traino del successo e delle "avventure spaziali" del personaggio.
Si tratta di "Space oddity" 
assurdamente tradotta anche in italiano 
(da Mogol) in "Ragazzo solo ragazza sola"
e "Life on Mars" altre due HIT incredibili
fra le più belle e famose di tutti i tempi. 

Ziggy Stardust 
è stato certificato disco d'oro il 12 giugno 1974 
dalla RIAA negli Stati Uniti 
e disco di platino il 25 gennaio 1982 
dalla BPI nel Regno Unito
dove si è riaffacciato in classifica 
in occasione di alcune riedizioni.
Nel 2016, dopo la morte di David Bowie 
l'album ha guadagnato nuova popolarità 
ed è rientrato nelle classifiche di molti Paesi, 
arrivando al 21º posto negli Stati Uniti.
Il 29 settembre 2017 
è stato certificato doppio disco di platino 
nel Regno Unito. 

<<Tutti iniziarono a relazionarsi a me
come se fossi Ziggy.
Iniziai a convincermi anch'io
di essere il Messia..
Spaventoso ma fortunatamente non persi il controllo
e mi risvegliai velocemente.
All’Hammersmith Odeon nell'estate '73
e con la presenza del leggendario documentarista
D.A. Pennebacker che era li per riprendere tutto in un film-concerto
dichiarai che quella sarebbe stata l’ultima esibizione di Ziggy>>
(David Bowie)


*


Five Years

Apre l'album, 
è la prima "breaking news" 
che annuncia la fine del mondo 
prevista tra cinque anni. 
David nel '74 spiega a Rolling Stone il tema del brano così: 
«È stato annunciato che il mondo finirà per esaurimento 
di risorse naturali... 
Ziggy faceva parte di un gruppo rock 
e i ragazzi non vogliono più il Rock’n’Roll. 
Non c'è più corrente elettrica per suonarlo. 
Il consigliere di Ziggy 
gli dice di raccogliere notizie e di cantarle 
perché non esiste più l'informazione. 
Così Ziggy comunica la notizia, 
ed è una notizia terribile».



Soul Love 

A dispetto dell'intro di batteria accattivante 
qui si parla di tristezza morte e funerali...
anche in senso molto più ampio 
come la fine degli amori.
Non a caso si era appena consumata 
la sua relazione con Hermione Farthingale.



Moonage Daydream

Appare Ziggy Stardust 
direttamente dalla dissolvenza del precedente Soul Love
arrivano sesso e fantascienza surreale 
dal messia androgino
tra Rock’n’Roll e imminente apocalisse.



Starman

   Cosa dire... 
troppo famosa vissuta e consumata 
ma sempre nuova
pronta ad ogni eterno riascolto.
E' stato il primo singolo dell'album. 
Starman arriva dallo spazio
con un messaggio urgente 
l "uomo delle stelle" 
che si mette in contatto coi giovani terrestri 
promettendo la loro salvezza 
e quella del pianeta.



It Ain't Easy

Un "blues bianco" scritto nel '70 da Ron Davies.
La canzone che chiude il lato A dell'album. 
Qui i cori quasi gospel 
in realtà narrano il sentimento più oscuro e messianico 
di Ziggy Stardust 
scettico e pessimista 
verso l'establishment religioso/clericale.

«Well, all the people have got their problems, that ain't nothing new
With the help of the good Lord we can all pull on through
We can all pull on through, get there in the end
Sometimes it'll take you right up and sometimes down again»

«Beh, ognuno ha i suoi problemi, non è una novità
Con l'aiuto di nostro Signore possiamo farcela tutti quanti
Possiamo farcela tutti quanti, ci arriveremo alla fine
Alcune volte salirai e altre scenderai di nuovo»



Lady Stardust

Malinconica e appassionata 
è dedicata a Marc Bolan, leader dei T. Rex, 
«le correnti di frustrazione e trionfo 
si fondono in una desolazione assoluta» 
come scrisse il 20 luglio '72 Richard Cromelin 
su Rolling Stone.


Star

Ancora Ziggy Stardust che riflette su 
"come varrebbe la pena di fare qualsiasi cosa 
pur di diventare una rockstar". 



Hang On to Yourself

Sembra un punk? 
Esatto...è proto-punk!
Quello che qualche anno dopo
sentiremo tutti noi dai Sex Pistols
in 'God Save The Queen'.
Sesso sfrenato 
e pseudo gioia paranoica 
da vera rockstar 
Ziggy si sta montando la testa


Ziggy Stardust

Qui c'è ancora un Bowie orecchiabile a tutti
Ziggy Stardust racconta la sua parabola 
ascendente/discendente fino all'abisso.
  


Suffragette City

Un Rock’n’Roll vecchio stile
incornicia le spericolate avventure sex-bi sex. 



Rock’n’Roll Suicide

La chiusura dell'album
Ziggy muore e fine della storia ...

«Quando sei tanto giovane 
non riesci a credere 
che ti possa venire meno 
la capacità di essere così entusiasta e spavaldo 
nei confronti del mondo 
della vita, dell'esperienza
sei convinto di avere praticamente scoperto 
tutti i segreti della vita. 
Rock 'n' Roll Suicide 
era un modo per dichiarare la fine 
dell'effetto-giovinezza».
(David Bowie)


*


"The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars"

David Bowie - voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, sax baritono, sax contralto
Mick Ronson - chitarra elettrica, pianoforte, sintetizzatore ARP e cori
Trevor Bolder - basso
Mick Woodmansey - batteria
Dana Gillespie - cori (in It Ain't Easy)

TESTI E MUSICHE
David Bowie 
tranne 'It Ain't Easy'

DURATA
38:37
TRACCE
11

LATO   A
Five Years – 4:43
Soul Love – 3:34
Moonage Daydream – 4:40
Starman – 4:14
It Ain't Easy – 2:57 (R. Davies)

LATO   B
Lady Stardust – 3:21
Star – 2:47
Hang On to Yourself – 2:39
Ziggy Stardust – 3:13
Suffragette City – 3:25
Rock 'n' Roll Suicide – 2:58

REGISTRAZIONI
Trident Studios, Londra 
settembre-novembre 1971
gennaio-febbraio 1972 

PRODUTTORI 
Ken Scott, David Bowie

ARRANGIAMENTI 
Mick Ronson, David Bowie

ETICHETTA
RCA Victor


(credits: Brian Ward, NME, Rolling Stone)