"Oggi" 16 luglio 1966 nascono i Cream ai gggiovani in "ascolto" possiamo dire che
era una rock band britannica era formata da Eric Clapton, Jack Bruce e Ginger Baker si è sciolta quasi subito (nel 68)
e ha pubblicato solo quattro album eppure ha influenzato tutto il panorama della musica rock
dagli anni 60 ai nostri giorni,
da Jimi Hendrix ai VanHalen
e ancora oggi sono fonte di ispirazione
per le nuove generazioni.
I Cream nella loro brevissima carriera
hanno comunque venduto quasi 20 milioni di dischi (numeri impensabili oggi).
Scopriteli/Riscopriteli
Eric Clapton – voce, chitarra Jack Bruce – basso, voce Ginger Baker – batteria, percussioni
Album Studio 1966 - Fresh Cream 1967 - Disraeli Gears 1968 - Wheels of Fire 1969 - Goodbye
Album Live 1970 Live Cream 1972 Live Cream Volume II 2003 BBC Sessions 2005 Royal Albert Hall London May 2-3-5-6 2005
Complation 1969 Best of Cream 1972 Heavy Cream 1983 Strange Brew: The Very Best of Cream 1995 The Very Best of Cream 1997 Those Were the Days 2000 20th Century Masters: The Millennium Collection: The Best of Cream 2005 I Feel Free Ultimate Cream 2005 Cream Gold
Singoli Wrapping Paper I Feel Free Strange Brew Spoonful - Part 1 Sunshine of Your Love Anyone for Tennis (The Savage Seven Theme) White Room Crossroads Badge Lawdy Mama (live)
Wil Key, cantante, compositore, polistrumentista californiano (L.A.) si è unito alla mitica Jill Jones di Paisley Park per celebrare la vita e l'eredità musicale di Prince.
La canzone è stata scritta da Key come parte del suo più recente doppio album (Globetrotter: Side B) registrato in 15 paesi diversi e con oltre 40 artisti da tutto il mondo.
Per ottenere il suono distintivo di Prince Key ha deciso di produrre la traccia utilizzando solo strumenti reali tranne una LINN drum machine vintage progettata da Roger Linn e utilizzata da Prince in molti dei suoi maggiori successi.
In linea con questo spirito di autenticità Key si è occupato personalmente della programmazione della LINN drum ed ha anche scelto, nel classico stile Prince di eseguire quasi tutte le parti musicali, comprese tutte le voci maschili l'organo, i sintetizzatori e le parti di chitarra ritmica.
Andrew Gouche, uno dei bassisti di Prince ed ex direttore musicale di Chaka Chan ha contribuito alle parti strumentali. La linea di basso di Gouche aiuta a galvanizzare il groove colmando il divario tra i ritmi della LINN drum e la chitarra di Key. A completare la band alla chitarra solista c'è Tori Ruffin proveniente dai The Time, il gruppo creato da Prince che marca un assolo infuocato e tinto di jazz degno del PurpleSound dei tempi migliori.
La sessione vocale si è svolta agli LA Studios di Hollywood proprio dietro l'angolo dell'amato Sunset Sound lo studio di registrazione di Prince . Jill Jones è altrettanto presente, vibrante e piena di sentimento proprio come negli anni '80 nei suoi album prodotti da Prince. La canzone si chiude con una lettera d'amore commovente ed emotiva letta da Jill al suo vecchio amico e partner musicale.
Il brano è uscito il 7 giugno in occasione di quello che sarebbe stato il 63° compleanno del nostro PurpleKing. È disponibile su tutte le piattaforme e nel prossimo futuro sarà disponibile anche su vinile in edizione limitata. Maggiori informazioni le trovate su: www.wil-key.com
GiMi Blog
Fonte: Larimar Records
Ora ascoltatela è una ballad molto godibile e ben fatta.
Certo, la voce di Prince MANCA terribilmente...
ma il sound è molto vicino e si avverte comunque una certa "presenza".
"Oggi" 29 marzo 1980 The Dark Side Of The Moon ottavo album in studio dei Pink Floyd
già pietra miliare del gruppo celebra la sua 303^ settimana nella Billboard200 la classifica degli album più venduti in USA annoverandolo come più longevo con la permanenza più lunga della storia 741 settimane discontinue dal 1973 al 1988
il record precedente apparteneva a Carole King con Tapestry del 1971 (318 settimane)
ma il cammino di Dark Side proseguirà per altre 759 settimane superando la soglia delle 1.500
in tutte le classifiche combinate fino a maggio 2006.
Nel marzo 2014 ha raggiunto le 1.100 settimane
anche nella USTopCatalog
e con oltre 50 milioni di copie vendute
è sia il disco di maggior successo dei Pink Floyd
che uno dei più venduti della storia
tutt'ora a quasi 50 anni dall'uscita
riappare costantemente in classifica!
Sono Glimouriano e quindi di parte
ma insieme a Whish You Were Here credo sia il migliore del gruppo
per intensità modernità e bellezza.
Fu registrato in due tempi fra il 1972 e 73 agli Abbey Road Studios di Londra
e finalmente aveva un'anima diversa e profonda
lontanissima dai noiosi esperimenti psichedelici di prima tuttavia venne supervisionato come ingegnere del suono da Alan Parsons
una delle menti più alchemiche geniali e psichedeliche
già presente in Atom Heart Mother e Meddle da abile cesellatore di effetti, sovra incisioni e sintetizzatori riuscì e intrecciare quella impalpabile magia che ancora oggi emoziona con quelle "immagini" uniche e indelebili come il ticchettio delle lancette seguito dal concerto di orologi in simultanea. Quella per esempio era una semplice traccia proveniente da una registrazione in un negozio di orologi destinata ad un banale disco dimostrativo di suoni quadrifonici...
e invece divenne presto una delle icone sonore non solo del disco
ma di tutta la carriera dei Pink.
Anche per The Great Gig In The Sky autentica gemma dell'album
con la mitica voce di Clare Torry
semplice "corista di passaggio" che frequentava gli Abbey come turnista
fu "colpa" di Alan
anche se non avevano nulla di scritto né pronto per lei
volle invitarla in session dopo averla sentita
in qualche ascolto dei suoi demo
e la cosa incredibile fu che Clare inizialmente rifiutò perché doveva andare a sentire Chuck Berry rinviando tutto alla domenica successiva. Ma ancora più incredibile, una volta pronta in studio non ricevette nessuna indicazione sul pezzo, o meglio più o meno avevano in mente una specie di idea melodica e profonda ma nessuna parte vocale pronta né parole scritte neanche loro sapevano cosa diavolo avrebbe dovuto cantare... così Gilmour, responsabile di quel turno improvvisò con lei una traccia melodica che doveva seguire Rick al piano "Sapevamo ciò che volevamo però non era ancora chiaro ma volevamo che qualcuno improvvisasse su questo pezzo. Le dicemmo: tu pensa alla morte o a qualcosa di macabro e canta"... (David Gilmour)
"Mi ha cambiato sotto molti aspetti, perché portò un sacco di soldi, e uno si sente molto sicuro quando può vendere un album per due anni. Ma non ha cambiato il mio atteggiamento verso la musica. Anche se ottenne così tanto successo, era stato composto nello stesso modo in cui avevamo fatto tutti gli altri, e l'unico criterio che abbiamo riguardo alla pubblicazione della musica è se ci piace o meno. Non è stato un deliberato tentativo di produrre un album commerciale. È successo e basta. Sapevamo che conteneva molta più melodia dei precedenti, e un concetto che lo percorreva dall'inizio alla fine. La musica era più facile da assorbire e il supporto di voci femminili aggiunse quel tocco commerciale che nessuno dei nostri dischi aveva mai avuto". (Richard Wright)
L'esecuzione fu intensa e incredibile Clare addirittura si scusò anche per l'eccessiva esuberanza vocale tanto era presa dalla melodia, ma ovviamente nessuno batté ciglio e di fronte a tanta bellezza tutti rimasero estasiati.
Peccato che quella immensa grandezza si trasformò anni dopo anche in miserrima rivalsa legale. Ma c'erano tutte le ragioni del caso perché Clare, ricevute le 30 sterline per la session fu salutata con un semplice grazie mentre avrebbe voluto condividere anche la royalty del brano visto e considerato che l'intera parte vocale era opera sua (seppur non scritta).
Così dopo gli inutili tentativi conciliatori andati a vuoto per anni nel 2004 si vide costretta a citare il gruppo e la EMI in giudizio. La corte le diede ragione e in tutte le pubblicazioni dal 2005 ad oggi apparirà come co-autrice insieme a Wright.
Ci fu ovviamente un accordo economico
e anche se nessuno ne ha mai saputo l'entità
quei 30 pound saranno stati sicuramente compensati.
Stavolta la HitParade non riguarda la MOOOSEEEKAAAH
ma ho chiesto ai miei agggegggi una classifica particolare la TopTwenty di 20 personaggi politici su Twitter (di ogni partito/schieramento) col minimo/massimo numero di tweet ad oggi (dati aggiornati a poche ore da questo post).
Alla fine li ho divisi in 5 gruppi distinti fra chi twitta per...
la quarta stagione di Yellowstone ci sarà arriverà in USA questa estate e successivamente anche da noi. Alcuni prevedono anche una contemporanea ma non si ha ancora nessuna conferma.
Ovviamente anche in questo caso la pandemia Covid ha condizionato produzione e riprese
iniziate il 20 agosto e terminate il 18 novembre scorso sempre al Chief Joseph Ranch di Darby, nello stato del Montana.
Yellowstone è stata la serie più seguita di Paramount Network in USA
dove il decimo e ultimo episodio della terza stagione
ha acchiappato 5 milioni e 200 mila spettatori in appena 24 ore
praticamente il più visto di tutto il 2020.
Intanto il 26 febbraio è finalmente apparso anche in Italia l'ultimo episodio della terza stagione sempre su Sky Atlantic e come ormai tutti saprete
anche chi non possiede la piattaforma SKY
o si è perso la prima serie
Nel 1974 gli Emerson Lake & Palmer erano in tour in USA per promuovere il quarto album "Brain Salad Surgery"
con i suoni del primo synth polifonico e della prima batteria elettronica. Megapalco e 36 tonnellate di apparecchiature incluso il primo sistema audio quadrifonico al mondo.
Insomma tutto grandioso e senza intoppi tuttavia la data del 16 febbraio di quell'anno
se la ricorderanno per ben altro...
a Salt Lake City furono ammanettati arrestati e multati
(75$+100 di cauzione)
per aver fatto il bagno nudi nella piscina dell'hotel
nonché sculacciati...dai poliziotti (sta scritto nei rapporti ufficiali) con "l'intimazione ufficiale di non farlo mai più".
Quella fu (e lo è ancora oggi)
una delle notizie più ridicole della storia del Rock.
Si perché la nostra tv ACCCOLORI ce la siamo beccata solo nel 1977 mentre la Rai già nel era già pronta nel 61 alla nascita del "secondo canale".
Non parliamo degli USA dove i primi esperimenti risalgono a fine anni 40 fino al debutto ufficiale del 1953 e neanche di Francia, Germania e Regno Unito dove i colori li vedranno già nel 1967.
Anni di dibbbatttito in Parlamento per l’adozione del sistema di trasmissione con le lotte sanguinose tra i fautori del francese S.E.C.A.M. e quelli del tedesco P.A.L. (il sistema migliore). Amintore Fanfani (Democrazia Cristiana) avendo la fiducia in Rai del direttore generale Ettore Bernabei pressava per il S.E.C.A.M. perché si era accordato col governo francese che in cambio avrebbe favorito le esportazioni di prodotti agricoli italiani...
Da qui, tutta una serie di indagini, istanze, prove tecniche, sopralluoghi per accontentare i francesi. Bernabei non era affatto convinto, ma era stretto nella morsa di Fanfani allora ricorse ad un ingegnoso stratagemma... si stavano per inaugurare le Olimpiadi di Monaco e dispose di allestire nel salone degli arazzi a Viale Mazzini due gruppi di televisori uno con ricezione P.A.L. e l'altro S.E.C.A.M. così tutti videro la evidente differenza e migliore qualità d'immagine del P.A.L..
Ma non bastò, perché ci vollero altri cinque anni di altre discussioni e dibbbatttiti questa volta erano Ugo La Malfa la Cgil e il PCI a mettersi di mezzo "scesero in campo" perché consideravano il colore un lusso che gli italiani non potevano permettersi!
Ma non bastò ancora...
perfino la FIAT si oppose preoccupata che il nuovo marchingegno andava a scapito di un eventuale acquisto della seconda macchina...
Risultato: FALLIMENTO DELL’INDUSTRIA ELETTRONICA ITALIANA che da una parte non vendeva più tv in bianco e nero e dall'altra non poteva produrre quelli a colori.
Questo ridicolo pollaio andò avanti fino all’11 Agosto 1975 quando il Capo dello Stato, Giovanni Leone emanò il Decreto Presidenziale N°452 e la scelta del sistema tedesco ma passarono ancora due anni quando Vittorino Colombo ministro delle Poste e Telecomunicazioni comunicò che la Rai poteva finalmente stare allo stesso livello delle principali emittenti europee a partire dalla data di martedì 1° febbraio 1977...
E' quasi mezzogiorno del 30 gennaio 1969 e quei mattacchioni dei Beatles bloccano traffico e passanti suonando il loro ultimo "concerto" in cima all'edificio della Apple Corps al n.3 di Savile Row, a Londra.
"Era già da un pezzo che stavamo pensando come chiudere in bellezza.
C'era l'idea di suonare dal vivo in qualche posto
e da tempo ci stavamo domandando dove saremmo potuti andare
magari al Palladium o nel deserto del Sahara.
Ma avremmo dovuto portarci dietro tutta la roba
così decidemmo: Saliamo sul tetto!"
(Ringo Starr)
Qualche giorno prima cominciarono a pensare al come/cosa buttando giù appunti e idee ma alla fine decisero di improvvisare. Solo la parte tecnica era stata curata tutto il resto lo avrebbero deciso...sul tetto. A proposito di tecnica, l'audio venne registrato impiegando due banchi da 8 piste posizionati nella cantina della Apple e il tecnico era un certo Alan Parsons mentre delle immagini si occupò il regista Michael Lindsay-Hogg che in seguito traspose in un film-documentario di 81 minuti ("Let It Be - Un giorno con i Beatles").
Con loro c'era anche Billy Preston al piano Fender che era stato "ingaggiato" da George Harrison per dare più energia all'evento. La playlist doveva prevedere almeno dieci pezzi ma "grazie" ai soliti residenti infastiditi e al traffico completamente paralizzato dalla folla furono i Bobbitt a decidere la scaletta lasciandoli esibire solo fino al quinto pezzo
Get Back
Don't Let Me Down
I've Got A Feeling
The One After 909 e Dig A Pony
Alla fine John Lennon salutò ironicamente con la frase:
"Vorrei dire 'Grazie' a nome del gruppo e noi stessi
16 gennaio 1957 Alan Sytner apre a Liverpool il Cavern Club. Si ispirò ai localini jazz frequentati a Parigi imitandone anche il nome. Si accorse infatti che molti usavano "Le Caveau" per ogni luogo anche semplici scantinati sotterranei o cantine vere e proprie così appena rientrò a Liverpool si mise subito in cerca di un posto simile ed il più adatto che riuscì a trovare fu un ex rifugio bellico al numero 10 di Mathew Street.
A differenza dei francesi però non si limitò al jazz ma estese le partecipazioni ai gruppi "skiffle" di tutta la regione e moltissimi esordienti arrivarono anche da Londra a suonare blues rock e soprattutto beat, il genere del momento. Dopo diversi esperimenti, la prima "Beat night" fu nel maggio del 60 con "Rory Storm and the Hurricanes" che avevano alla batteria un certo Ringo Starr. L'esordio dei Beatles fu il 21 febbraio 1961 e da quel giorno pestarono le tavole per altre 292 volte. In una di queste notti vennero avvicinati da Brian Epstein che presto li avrebbe tolti da quel palco (agosto 1963) e messi a contratto con la EMI Parlophone per lanciarli definitivamente in orbita. Al Cavern Club passarono ancora molti grandi artisti (Rolling Stones, Yardbirds, Kinks, Elton John, Who) ma nessuno di questi potè fermarne l'inevitabile declino nel maggio 73. Gli ultimi a suonare furono i Focus la ProgBand di Jan Akkerman. Del Cavern originale ormai non rimane quasi nulla. Fu semi demolito per poi riaprire nel 1984 in una specie di riproduzione evocativa del vecchio locale con parti di arredi e gli stessi mattoni originali. Oggi si fa ancora musica live ma è principalmente solo una meta turistica. Ogni agosto torna il cuore pulsante dell'International Beatle Week Festival durante il quale le tribute/cover band dei Beatles arrivano da tutto il mondo per esibirsi.
Oggi Fa parte di: Cavern Walks - Shopping Centre Indirizzo: 10 Mathew St, Liverpool L2 6RE, Regno Unito Telefono: +44 151 236 9091
Fu Peter Grant che aveva già collaborato con The Yardbirds
a "scommettere" su questi ragazzi preparando per loro
un contratto con la Atlantic e che contratto!
Spuntò una delle cifre più alte dell'epoca
per una band di esordienti, circa 200 mila dollari
ma evidentemente non ci voleva molto a riconoscere quei talenti
anche se non è sempre così scontato
i Beatles nel 62 vennero scartati dalla Decca
e bollati come incapaci e insipidi...
Conosciuto anche come "Led Zeppelin I"
fu registrato negli Olympic Studios a Barnes (Londra) in appena 36 ore di lavoro per un costo totale di sole 1.782 sterline quasi tutti i brani furono eseguiti in 'live-recording' con pochissime sovraincisioni.
E' diventato una pietra miliare del rock
battezzando Jimmy Page fra i chitarristi più forti al mondo.
Pietra miliare anche per la copertina ottenuta rielaborando un fotogramma del disastro del dirigibile "Zeppelin LZ 129 Hindenburg" avvenuto nel 1937.
Si narra che la nipote del Conte von Zeppelin
(Contessa Eva von Zeppelin)
dopo aver visto la copertina a Copenaghen nel 1970
minacciò di querelare il gruppo
per uso illegale del nome di famiglia
Citazioni:
"Sappiamo benissimo che stiamo facendo affari migliori
di... un sacco di gente che viene glorificata dalla stampa
(Rolling Stones) ma senza essere egocentrici
riteniamo che sia arrivato il momento in cui la gente
debba conoscere di noi cose diverse
dal fatto che ci cibiamo di donne
e ne gettiamo le ossa fuori dalle finestre".
(Robert Plant)
"Sono il fan dei Led Zeppelin più sfegatato del mondo.
La loro musica, il modo in cui si comportavano,
l'intera struttura di management - loro sono stati il modello.
I Queen suonavano sempre Immigrant Song durante le prove,
solo per lo splendore del suono".
(Brian May)
"Il suono che sentivo uscire da quelle casse, mentre cantavo,
era di gran lunga meglio di qualsiasi figa d'Inghilterra.
Era così sessuale, osceno, aveva così tanto potere...
insomma, era devastante".
(Robert Plant in -Il grande libro del rock e non solo-
Massimo Cotto 2011)
3 Libri da consigliare:
Federico Ballanti, Led Zeppelin, Roma, Lato Side Editori, 1982
Cesare Rizzi, Enciclopedia della musica rock.
1970-1979, Firenze, Giunti Editore, 1996
Massimo Cotto, Il grande libro del rock (e non solo), Rizzoli, 2011
In Vinile:
Lato A Good Times, Bad Times Babe I'm Gonna Leave You You Shook Me Dazed and Confused
Lato B Your Time Is Gonna Come Black Mountain Side Communication Breakdown I Can't Quit You Baby How Many More Times
Registrazione:
Olympic Studios di Londra,
settembre/ottobre 1968
Formazione:
Robert Plant - voce, armonica a bocca James Patrick Page - chitarra elettrica, chitarra acustica,
pedal steel guitar, cori John Paul Jones - basso, organo, cori John Bonham - batteria, timpani, cori
Altri musicisti: Viram Jasani - tabla
Disco d'oro - 22 luglio 1969 Inghilterra - Settimane in classifica: 150 USA - Settimane in classifica: 400
L'11 gennaio 1895 nasce Laurens Hammond il Padre, dell' Hammond.
Se siete fra quelli che ora pensano... "Che cavolo è sto "Hammond" forse è meglio che vi dedichiate ad altre letture a meno che, da bravi assetati non vogliate scoprirlo proprio adesso.
L'Hammond è l'Organo più famoso del mondo
chiunque faccia/abbia fatto musica
non può non conoscerlo...almeno nel suono.
Personalmente ne ho avuti tra le mani un paio
(modello B-3) purtroppo però sempre in studio
e mai dal vivo coi gruppi perché non solo costava tanto
ma PESAVA tanto (un quintale circa) più l'"accessorio"
il Leslie, un altro bell'armadietto che gli sedeva accanto
con dentro un ventolone che a seconda della velocità
poteva generare vibrati più o meno intensi e veloci.
Certo, oggi tutto è stato risolto dai sintetizzatori
che clonano alla perfezione qualsiasi Hammond
allora invece servivano almeno due persone
per il trasporto...e mezzo furgone solo per lui.
A parte questo "piccolo" dettaglio
è stato certamente il MUST per ogni tastierista
insieme al piano Fender/Rhodes e i primi Moog.
Quindi solo grazie Mr.Laurens!
Laurens Hammond, lo creò negli anni trenta e contrariamente a quanto si potrebbe immaginare non era affatto un musicista ma "solo" un geniale inventore e con solide basi di studio
laureato nel 1916 in ingegneria meccanica
alla Cornell University.
Era un americano dell'Illinois con grandi abilità tecniche fin da piccolo figlio di William Hammond fondatore della First National Bank e di Idea Louise Strong Hammond più propensa alle arti e alla musica.
Si cimentò in svariate invenzioni e brevetti e negli anni venti avviò anche una sua azienda produttrice di orologi elettrici e furono proprio gli orologi ad illuminarlo per il futuro sviluppo della tonewheel (ruota fonica) base fondamentale per il funzionamento dell'organo.
Hammond apprezzava gli effetti benefici della musica e voleva creare un mezzo abbastanza sofisticato da poter generare interesse e creatività ma anche accessibile a tutti.
Nel 1933 acquistò un vecchio pianoforte che cominciò a smontare pezzo per pezzo scartando tutto tranne la meccanica e la tastiera che usò come un controller per sperimentare la creazione/generazione del suono fino al timbro ottimale.
C'era solo un piccolo problema... non sapeva suonare e così incaricò il sig. W. L. Lahey suo contabile in azienda nonché organista della vicina St. Christopher's Episcopal Church di testare le varie fasi di sviluppo e messa a punto fino a raggiungere la qualità più elevata possibile di tocco ed esecuzione. Da sopraffino orologiaio quale era e con tutta la sua esperienza ingegneristica e meccanica ne scaturì un prodotto eccezionale fin da subito.
Laurens depositò il brevetto il 19 gennaio 1934. Era il tempo della "Grande Depressione" e anche per questo motivo l'ufficio brevetti fu solerte nella accettazione del progetto con la speranza che questa rivoluzionaria innovazione potesse generare nuovi posti di lavoro.
L'organo "Hammond" entrò in produzione
nel 1935 grazie alla nuova "Hammond Organ Company" di Evanston, Illinois. Da allora è il simbolo indiscusso tra i più popolari affidabili e duraturi strumenti mai costruiti. La tecnica dell' Hammond è basata sulla tecnologia del "Telharmonium" di Cahill del 1900 ma su scala molto più piccola.
Un organo a consolle Hammond comprendeva due tastiere a 61 tasti, il Lower, o Great e l' Upper, o Swell con una pedaliera composta da 25 tasti per l'uso comune o 32 nella versione da concerto. Hammond ha anche brevettato un riverbero elettromeccanico che utilizza la torsione elicoidale di una molla a spirale ampiamente copiato in strumenti elettronici successivi spingendosi fino ai sintetizzatori sviluppando uno dei primi prototipi della storia
(Novachord) poi abbandonato a causa dell'elevata complessità e costi di realizzazione. Ormai era attivo in ogni settore della nuova ingegneria meccanica fino allo sviluppo dei controlli per i missili teleguidati grazie a cui gli fu riconosciuto il brevetto dei sensori all'infrarosso e luminosi per la guida delle bombe e tanti altri brevetti successivi.
Oltre ad essere uno strumento di intrattenimento casalingo l'Hammond diventò popolare anche tra musicisti Jazz e blues e soprattutto rock, fino alla fine degli anni '70 (Keith Emerson, Procol Harum, Led Zeppelin, The Allman Brothers Band, The Faces, Deep Purple) ma è stato utilizzato anche da musicisti "seri" come Karlheinz Stockhausen in "Mikrophonie II".
E' l'inizio del 1979, esattamente oggi 5 gennaio dopo anni di suoni prove e nastri Prince decide che è tempo di uscire dal guscio e forma una band in fretta e furia inserendo l'amico d'infanzia André Cymone con Bobby Z, Dez Dickerson, Matt Fink e Gayle Chapman. Acerbo e ancora ragazzo poco più che 20enne sceglie la sua città per il debutto e più precisamente il Capri Theatre di Minneapolis, appunto.
Gli concedono due date (5/6 gennaio) biglietto MOLTO popolare a soli 4$ e incasso tutto per il teatro.
In compenso a lui già pensava la WarnerBros con cui aveva firmato un contratto tre anni prima a soli 17 anni e quella sera c'erano anche i dirigenti a giudicarlo.
Il piccolo Roger piace si ma è ancora "non pronto" e la sua performance non soddisfacente tanto suscitare seri dubbi sul futuro dell'accordo.
Alcuni dissero
“si pavoneggia troppo e imita le mosse del grande Mick Jagger"... "E' carino ma è presuntuoso e sfacciatamente troppo sexy"...
Fortunatamente per Prince (e per noi) i più saggi della compagnia ebbero la pazienza di attendere concedendogli tutto il tempo necessario anche perché nel 78 era già stato pubblicato l'album di debutto "For You" e sarebbe stato poco saggio (oltre che stupido) bruciare tutto alla prima uscita e impedire la nascita di una delle più grandi Star mai apparse sul pianeta!
che conoscevo solo come appassionato di musica e batterista
e non così profondamente ispirato
anche dall'Arte letteraria.
"Forse con l'italiano
si comunica in modo più diffuso il proprio pensiero, e l'inglese, la lingua universale per eccellenza,
può essere più adatto a comunicare in giro per il mondo;
eppure le cose che ci stanno più a cuore, le comunicazioni più profonde e sincere,
più intime ed importanti, non c'è inglese o italiano che le possano esprimere. Magari meglio funzionerebbe uno sguardo,
o una stretta della mano; un cenno d'intesa, una carezza, un bacio; o la lingua segreta della madre del bambino
fatta di suoni e di contatti, intonazioni di parole;
il dialetto arcano ed intraducibile del corpo nella sicurezza del cibo e del calore che rassicura. Per molti il dialetto è ancora questo
e proprio questa è la vera differenza con la lingua ufficiale
o con quelle universali e commerciali, fredde e più distanti dalle emozioni,
assunte dalle società per esternare le loro formalità. In effetti, a ben guardare,
ogni linguaggio usato dalla madre con il proprio bimbo è di per sé un dialetto".
Allora Silvano, per me sei una scoperta
spesso magari sappiamo tutto
di artisti dall'altra parte del mondo
e quasi niente di chi vive in mezzo a noi
quindi oggi devo colmare questa lacuna.
Ma andiamo per gradi.
Ti ho conosciuto come batterista in un gruppo e anche se ero un ragazzino
mi ricordo di quelle vostre camicie pazzesche
giù alla "piattaforma", il punto di riferimento
per musica balli e giochi all'aperto
degli anni 60/70
a chi vi eravate ispirati?
Più Beatles o Rolling Stones? O altri...
Ah! indubbiamente ai Rolling Stones.
Noi, i MOOV dico
- acronimo di - Magica Orchestra Orione Vega così ci chiamavano allora,
eravamo per la musica ribelle, innovativa,
e fuori degli schemi convenzionali. Ci piaceva il blues, quello vero, quello che parlava agli animi
e li scuoteva. Eric Burdon and the Animals ed i Rolling Stones
erano per tutti noi tra i preferiti. Poi, nel divenire, per la verità, sotto varie formazioni (Le Idee, Un'idea e Le Idee di Luca) ho suonato un po' tutti i generi, night compreso. Ricordo ancora, con un certo rammarico odierno,
che eravamo iconoclasti e non ci piacevano molto le foto, tant'è che pochissime, ahimè e purtroppo, ne ho conservate
a testimonianza di quel periodo. Ora ne sono molto dispiaciuto.
Hai imparato da autodidatta o studiando?
Rigorosamente da autodidatta.
Ricordo addirittura di aver battuto
i primi colpi di bacchetta su due tamburelli da spiaggia.
Il ritmo credo di averlo sempre avuto dentro, nella mia natura, nel mio battito ancestrale:
per me fu facile, debbo dire, seguirlo e coltivarlo. Solo qualche lezioncina di tecniche sui tempi,
soprattutto per le mani,
da parte del compianto Peppe Bruschi,
sempre frattigiano come me
e batterista specializzato soprattutto in musiche latine. Poi, per quanto riguarda i piedi, intendo dire, per capirci, cassa charleston contrattempi ecc.
credo di non aver mai avuto bisogno di altri insegnamenti: mi venivano da dentro
senza neanche pensarci un po', anzi quando non pensavo, venivano meglio.
Oggi per me il Silvano Poeta è una assoluta novità, esisteva già o è nato dopo?
Esisteva esisteva! Quella natura, che poi è la stessa perché anche nella musica c'è, o almeno ci può essere poesia; era già presente dopo che, bambino, persi mio padre. Scrissi i primi versi già a nove/dieci anni: certo ingenui,
certo un po' sgrammaticati e fanciulleschi, ma pur significativi e ricchi di pathos. Pensa che non ho mai avuto il coraggio di sbarazzarmene e li conservo ancora in archivio sotto il titolo di " Farfalle ". È in sostanza una raccolta inedita ed anche molto cospicua: pensa che si tratta di più di seicento poesie che sono state composte tra il lontano 1960 ed il 1970. Ancora oggi ogni tanto mi capita di rispolverare qualcuna di esse.
Hai qualche scrittore preferito che ha "segnato" la tua scelta?
Tanti, veramente. Sai, da adolescente ogni lettura,
ogni testo che si legge e che ci capita tra le mani può essere,
e di solito lo è, fortemente condizionante. Tra i più significativi e decisivi ricordo,
oltre i soliti autori per ragazzi ( Dickens, Molnár, De Amicis, Salgari ecc.) l'impatto, se pur scolastico,
che ebbe sulla mia formazione il Leopardi, ma anche la musicalità, prima un po' negletta, del Pascoli,
che dormiente, si conserva ancora riempendo di musiche
un po' malinconiche i miei contenuti poetici. E poi, straripante, Ungaretti, e ancora Montale,
Luzi, Calvino, Alfonso Gatto, Guido Ceronetti,
solo per citarne alcuni dei nostri connazionali. E tra gli internazionali, tra i maggiori su tutti Dostoevskij,
Marina Ivanovna Cvetaeva, Pasternak, Khelebnikov, Bloch, Evtushenko, ... che porteranno in seguito al mio approdo verso i "Sentieri tartari e marinari"
Quanti libri hai pubblicato finora?
Beh, pubblicati sono, se non erro, diciassette. Sei di questi sono scritti in dialetto frattigiano,
e tra questi anche l’ultimo recentissimo titolato "Armentóvime l mondo" .
Altri undici poi sono in lingua, per lo più trattano di poesia
e prosa poetica contemporanea, ma anche di satira politica e ambientale,
e ho anche scritto un atto unico teatrale (monologo con dialogo fuori campo)
dal titolo: "Alla ricerca del filo conduttore". E debbo confessarti, che, resti tra noi, vi annoierò ancora molto perché ho tanto materiale inedito da proporre. Per l' esattezza ben due nuovi testi e due riedizioni dialettali, ed un nuovo testo e tre riedizioni in lingua. Sarò lungo e spero non noioso,
parafrasando un detto delle nostre parti. Il fatto è che questo virus che ci ha costretti a casa non ha,
per fortuna, posto freno alla nostra fantasia ed alla creatività
e spero, ma forse invano, che possa agevolare ed incrementare anche la lettura di tutti voi. ( la vera lettura, naturalmente )
Sono decenni che parlano di crisi del libro che oggi è ancora più schiacciato dalla tecnologia credi che avrà ancora un futuro?
Spero. Voglio tanto sperare di sì. Spero tanto che la gente non perda di vista questo nutrimento che ci è concesso dalla parola,
e dal silenzio meditato che la circonda con la lettura. Spero tanto che la gente impari a discernere tra la lettura autentica, libera e consapevole e quella imposta,
mercificata, filtrata e standardizzata. Voglio sperare che si possa leggere quello che scegliamo e non solo quello che gli algoritmi del web
ci propongono e ci suggeriscono. E spero che anche l'editoria
faccia un passo in avanti in tale direzione fornendo meno promozioni e meno rilievo ai soliti noti; a coloro che hanno solo buoni canali di visibilità e scarni e inconsistenti contenuti. Lo stato stesso, nel dare il suo sostegno, dovrebbe indicare ed agevolare questo indirizzo
Già il tuo genere è veramente "di nicchia" poi scrivi anche dialetto... Ti piacciono le sfide !
Certo che mi piacciono! Debbo dire che amo anche vincerle
e di solito, tranne che con me stesso, mi riesce. La vera sfida comunque non sta nel contenitore che si propone, nell'involucro cioè in cui si cala e si avvolge la parola; che sia italiano o dialetto o inglese,
che siano versi sciolti o incatenati, rima o verso libero, siano musica danza oppure pittura: la vera sfida è la poesia. Id est - è la sostanza di ciò che si propone, il suo spessore, la sua "sentenza",
come gli antichi amavano appellarla. Io proprio questo ho inteso fare.
Il dialetto, in senso lato inteso come linguaggio intimo, è stato ed è per me solo uno dei tanti contenitori
ove ho "versato" i miei contenuti, l'essenza del mio sentire, ottenendo comunque
forse il duplice risultato di rinnovare, rianimare, rinfrescare, rinvigorire una lingua
dalle radici arcaiche e nobili che lo stesso Dante Alighieri citava ad esempio nel lontano 1307
nel suo "De vulgari eloquentia".
Altri contenitori da me usati nel mio percorso poetico sono, ad esempio, quelli classici delle "Eoliche del pensiero"
e cioè le strofe Saffiche ed i versi Alcaici, quelli esotici ed orientali
dei Tanka e degli Haiku, delle Ikebana nei "Soqquadri"
quelli tratti dalla letteratura russa e slava
dei "Sentieri tartari e marinari" ecc. Tutti i contenitori sono il contenente; ciò che conta è il contenuto, cioè la poesia in tutte le sue forme e parvenze.
Che ne pensi della situazione attuale come la stai vivendo?
Una situazione molto complessa, pregna di sofferta precarietà, e non mi riferisco solamente a quella economica
ma soprattutto a quella intima, psicologica ed esistenziale. Dobbiamo reagire, tutti quanti,
e trovare dentro di noi le risorse per farlo, per dare sostegno e forza interiore
(resilienza, la chiamano ora con un termine abusato);
...lo detesto...
dobbiamo insomma, come fanno i poeti,
guardare dentro per scovare la poesia che è in ognuno di noi per trovare nuove ripartenze
e ravvivare l’esistenza. Da parte mia, ho ancora molta "birra",
ho occhi che guardano lontano ed orecchie che ascoltano, ho dita che toccano il cielo
e bevo, tutto d'un fiato, ogni liquore e respiro ogni odore. Mi considero un privilegiato, ma non sono contento: vorrei che tutti avessero il privilegio di guardarsi dentro
e di trovarvi la poesia.
Tutto sommato siamo "fortunati" a vivere ancora alla Fratta... ma in quale posto vorresti essere nato o vorresti vivere adesso?
Siamo fortunatissimi, caro amico, ma spesso lo ignoriamo. Vivere qui, sotto la croce amica,
è di per sé un altro grande privilegio. Lontano dai crucci metropolitani,
alle frenesie dei traffici caotici
e dagli iperspazi che allontanano più del virus. Rispetto agli abitanti di altri luoghi,
ognuno di noi, tutto sommato, ha cambiato di poco le proprie abitudini,
l'organizzazione della propria vita. Ha comunque potuto respirare la stessa aria,
rafforzare le proprie radici e scoprire attorno a sé i propri cari
come mai li aveva visto e frequentati, ha ritrovato le proprie cose
che prima si era dimenticato di avere o che comunque avevano perso consistenza
e considerazione. Tutto questo
(e qui devo un tantino rivalutare una funzione positiva
svolta dai mezzi informatici)
senza cadere, o almeno cedere del tutto,
nella fobia collettiva dell'isolamento e dell'angoscia. Ma, al di là degli elogi, ricordiamoci tutti che i computer,
i tablet, gli smartphone i collegamenti WiFi, i videogame e tutte le nuove tecnologie del web sono,
e debbono continuare ad essere, solo dei mezzi e i mezzi possono essere,
e spesso lo sono, male utilizzati. Consideriamoli tali e non ci lasciamo condizionare più di tanto. Noi abbiamo il manico, il telecomando, l'interruttore.
Certo, però non lo usiamo
o lo usiamo male
a volte mi domando perché "lagggente"
si debba sottoporre a tanta sottomissione
e viverci dentro (i social) talmente dentro
che se non è "li dentro" non esiste
ma poi mi rendo conto che ormai la pervasività
del sistema che ci hanno imposto è fuori controllo
comanda i nostri bioritmi l'umore e le decisioni...
Dai, chiudiamo in moooseeekaaah... che genere ascolti oggi?
Tutta la buona musica di tutti i generi, dalla stessa lirica
ai rapper più interessanti. Di solito apprezzo molto il Jazz, da quello classico al free jazz,
poi, permettetemi il mio primo amore: il blues,
il rock anche quello duro e psichedelico, derivato, tanto per intenderci dai Led Zeppelin
o dagli equilibrismi visionari di Jimi Hendrix o dei Nirvana. E poi, i latini molto "chitarristi" alla Santana,
buoni melodici
(però mi disturba molto
la distorsione applicata alla voce molto in voga ora).
Al primo posto metto sempre comunque musicisti e compositori
come Nicola Capogrande, Enzo Restagno, Bollani, Allevi,
Ivan Fedeli e su tutti Fausto Romitelli che, a mio parere, è un apripista che favorisce l'integrazione
tra le distorsioni e i suoni amplificati del rock,
e la musica cosiddetta spettrale. Ho scritto anche di questo in un capitolo
sulle avanguardie artistiche contemporanee nel frontespizio dei miei "Soqquadri - la scompigliatura del significato"
Ok Ragazzo, complimenti! E qui c'è il brano che hai scelto...
Gli altri libri citati da Silvano:
"Sentieri tartari e marinari" (Gruppo Editoriale Locale 2018)
"Soqquadri" (Gruppo Editoriale Locale 2020)
"Eoliche del pensiero" (Gruppo Editoriale Locale 2020)