anche e soprattutto il "trio" qui insieme a Jalta nel febbraio '45
e sgombrando subito ogni dietrologia dei retroscenisti d'assalto
che ancora oggi si accapigliano nel loro brodo
polemico e stantio su chi abbia invaso
prima, cosa e chi e quando e come...
Festeggiamo e ringraziamo si i "Partigiani"
ma ringraziamoli TUTTI e non di un solo colore:
Brigata Maiella, Brigata Garibaldi, Giustizia e Libertà,
Fiamme Verdi, Brigate Osoppo, Brigate Bruzzi-Malatesta,
Brigate Matteotti, Formazioni Autonome.
Festeggiamoli certo, ma quanta retorica revisionista
che bolla tutti come revisionisti se non canti insieme a loro!
Ma cosa canti? Piangere dovresti, non cantare.
Piangere dei crimini di morte,
violenza, stupro, tortura, nascosti da quei bei nomi
e dalle sigle di cui sopra
commessi alla stessa stregua
e con la stessa ferocia nazi-fascista.
Certo, nulla di paragonabile
in quanto a numero
e non voglio far di tutta l'erba UN FASCIO
e non voglio far di tutta l'erba UN FASCIO
ma nulla di diverso
quanto a crudeltà.
Era già "sangue e merda"
come disse molti anni dopo Rino Formicariferendosi alla politica
(oggi direbbe che è solo merda)
e attinsero sia dall'uno che dall'altra
perché "legittimati dagli eventi"
o "migliori" (solito vizio desinistra).
"bella ciao"... Bella ciao un cazzo!
E ora, tolte le briciole dal tavolo
se l'Italia e "LEUROPAH" uscirono dall'incubo
fu grazie agli Stati Uniti che di concerto con tutti gli "Alleati"
sconfissero la Wehrmacht di Hitler.
Il 7 maggio 1945 per mano del generale Alfred Jodl
si firmò la resa totale e incondizionata della Germania
a Reims, sede del quartier generale dello SHAEF
(Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force)
diretto da Dwight David Eisenhower, generale designato
direttamente dal presidente Roosevelt.
Allo stesso modo fu vitale quello che successe dopo
perché non bastava essere liberi, bisognava non esser poveri.
E si che lo eravamo!
Sia dalle testimonianze storiche che da quelle dirette e
oculari di nonni e genitori sappiamo bene
che quasi nessuno si sarebbe mai rialzato da solo
senza il fondamentale e concreto
sostegno economico del "Piano Marshall".
Basterebbe solo questo nome "Piano Marshall",
ideato dal George Catlett Marshall
principale consigliere militare della Casa Bianca
per ringiovanire gli smemorati cervelli degli astanti,
tedeschi inclusi, che oltre ad essere stati gli autori materiali
di tutta lammmerda mondiale poi ne furono anche
tra i maggiori beneficiari (vedi tabella).
E' di quella illuminata concretezza
che avremmo bisogno oggi, adesso, ora
e non di questo fastidioso ronzio propagandistico
del MES, BEI, SURE, RECOVERY
e inesistenti e virtualissimi MIARDI.
Non so voi ma io almeno per ora, di elicotteri che pisciano banconote
non ne vedo, tantomeno BODENZE DI FUOGO!
e inesistenti e virtualissimi MIARDI.
Non so voi ma io almeno per ora, di elicotteri che pisciano banconote
non ne vedo, tantomeno BODENZE DI FUOGO!
Ergo, non eravamo non siamo...
e non saremo MAI LIBERI
cosa avete da cantare?
Cosa c'è da festeggiare?
*
E ora, sgomberate le briciole dal tavolo, sgomberiamo anche il tavolo.
Vi lascio un brano della regina dei giornalisti, Oriana Fallaci.
Qui intervista Pertini, il mio unico e indimenticabile Presidente
il mio preferito, nonché giornalista, nonché politico, nonché ...Partigiano.
il mio preferito, nonché giornalista, nonché politico, nonché ...Partigiano.
Roma, 27 dicembre 1973
Lo so. Lo sanno tutti.
Nessuno parla male di Pertini.
Nemmeno gli avversari, i nemici.
Sì, ed è una consolazione
come il giorno in cui Leto… Leto,
il capo dell’OVRA.
Molto intelligente, molto preparato,
anche se era il capo dell’OVRA:
lo dica pure. Del resto nessuno
è più informato di lui
sugli uomini politici italiani.
Ebbene, il giorno in cui
mi consegnò i documenti
che ho usato per il mio libro.
Sei condanne e due evasioni,
Leto ci appoggiò le mani sopra
ed esclamò: «Pertini, bisogna dire
che non c’è mai stata
un’oscillazione nella sua condotta.
Non c’è proprio nulla da dire
contro di lei, non c’è un neo
in tutta la sua vita».
Però ho pagato così duramente, Oriana.
Ho pagato anche con la morte
di due fratelli…
No, non ho alcuna difficoltà a parlare
di quello che s’era iscritto
al Partito Fascista.
Lo amavo tanto… Eravamo due amici
prima che due fratelli…
Avevamo fatto insieme
la prima guerra mondiale
e… Pippo era molto diverso da me.
Era estroverso, cordiale,
e non capiva nulla di politica. Nulla.
Sa perché si iscrisse
al Partito Fascista, nel 1923?
Perché, durante una manifestazione,
si vide sputare addosso dagli operai.
Faceva l’ufficiale di carriera e…
Il destino.
Ci togliemmo reciprocamente il saluto.
Se per caso ci incontravamo per strada,
io guardavo da una parte
e lui dall’altra.
Se io andavo da mia madre,
lui non ci andava.
Se lui andava da mia madre,
io non ci andavo.
Per non vederci. Gli riparlai
soltanto nel 1925,
dopo che ero stato arrestato
e processato a Savona.
Ormai libero,
facevo di nuovo l’avvocato.
E Pippo venne al mio studio e,
piangendo come un bambino,
confessò che almeno tre volte
s’era avvicinato al carcere
per visitarmi.
Non aveva avuto il coraggio di presentarsi
per timore che lo rimproverassi.
Poi andai in Francia.
Poi tornai, fui arrestato di nuovo,
processato di nuovo, condannato di nuovo,
stavolta all’ergastolo e allora…
Allora lui uscì dal Partito Fascista
e a quarantun anni morì. Di crepacuore.
Cosa significa morto di crepacuore?
Significa morto di crepacuore.
Di dolore. Di strazio. Era sano,
lo colse un infarto cardiaco.
E il pensiero di non essermi
riconciliato con lui
mi schiantò in modo tale
che in breve tempo diventai canuto.
Una sera il direttore del carcere
mi osserva sbalordito ed esclama:
«Cosa è successo, Pertini?».
«Perché?», rispondo.
«Perché avete i capelli bianchi, Pertini».
Ecco la storia di mio fratello Pippo.
E se Pippo ha commesso un errore, ha pagato.
E io con lui… Io con lui…
E poi avevo un altro fratello
che si chiamava Eugenio.
Tra me ed Eugenio c’erano solo
due annidi differenza.
Così crescemmo insieme:
al collegio insieme,
al ginnasio insieme.
Poi lui andò in America e, quando tornò,
io ero in carcere da tanto tempo.
Ho ricostruito per caso
la sua via crucis.
L’ho ricostruita dopo la Liberazione,
attraverso un maresciallo
dei carabinieri di Genova.
Venne da me e mi chiese:
«Lei è parente di Eugenio Pertini?».
«Sì, è mio fratello.»
«Ah! Ora capisco tutto.»
E mi raccontò che un giorno del 1944
aveva incontrato Eugenio
egli aveva rivolto la stessa domanda:
«Lei è parente di Sandro Pertini?».
«Sì, è mio fratello.»
«Ah! Devo darle una brutta notizia.
Suo fratello è stato fucilato
a Forte Boccea l’altra mattina.»
Glielo aveva detto convinto che fosse vero:
io ero stato condannato a morte, con Saragat,
e la notizia della mia evasione
non era giunta in Liguria.
Così Eugenio era caduto su una poltrona,
come svenuto, e… Vede, allo stesso modo
in cui Pippo non capiva nulla di politica,
Eugenio non aveva mai fatto della politica.
Oltretutto era un po’claudicante.
Ma dopo quella notizia si iscrisse
al Partito comunista
e si abbandonò a una attività sfrenata.
Fu arrestato mentre attaccava
manifesti contro i nazisti.
Fu picchiato selvaggiamente,
poi condotto al campo di Bolzano
dove gli chiesero di nuovo:
«Sei parente di Sandro Pertini?».
«Sì, era mio fratello.»
«Era?»
«Me l’hanno fucilato.»
«Macché fucilato! Dirige la Resistenza.»
E lui si mise a piangere di gioia,
m’hanno raccontato, e da quel momento
si comportò ancora meglio.
Lo portarono a Flossenbürg e…
Questo è il destino, cara Oriana, il destino!
Perché sono stato a Flossenbürg,
e ho fatto i calcoli, e ho scoperto
che nello stesso momento
in cui alla testa dei partigiani
inneggiavo alla libertà riconquistata in Milano…
alla stessa ora dello stesso giorno…
25 aprile 1945…
mio fratello veniva fucilato
nel campo di Flossenbürg…
Mio fratello Eugenio e… prima Pippo e poi Eugenio
e…Oriana… mi creda… abbiamo pagato… Oddio!
Pertini, mi perdoni, Pertini.
Mi perdoni d’averla lasciata parlare di questo.
Non importa. Non bisogna aver paura di piangere.
Non importa. Non bisogna aver paura di piangere.
Non bisogna frenare le lacrime quando vogliono uscire.
Un uomo deve saper piangere.
Ma lei deve capire
perché uso così spesso il verbo pagare.
Tratto da: «L'Europeo» 1973